Carceri e giustizia: l’amnistia non basta
La situazione delle carceri in Italia richiede di essere affrontata non solo con estrema ed indiscutibile urgenza, ma soprattutto con la serietà che si deve al rispetto dei diritti e della dignità umana. I dati della popolazione carceraria li abbiamo sentiti risuonare molte volte: più di 66mila detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 45.568 posti. Ma evidentemente la notorietà delle cifre non rende fino in fondo l’idea dell’asprezza delle condizioni di vita dei detenuti italiani rispetto alla quale non è possibile limitarsi a voltare lo sguardo verso immagini più confortevoli. Una tale emergenza richiede provvedimenti molto coraggiosi anche se rischiano di essere impopolari.
Un problema come questo, che riguarda le condizioni di vita di migliaia di persone, non può ridursi a essere banalizzato e fuorviato delle vicende personali di Silvio Berlusconi. Si tratta evidentemente di qualcosa di ben più serio e più grande e che pertanto andrebbe affrontato con la dovuta urgenza e responsabilità. Per sgombrare il campo da equivoci e accuse pretestuose occorre quindi precisare che nessun provvedimento di clemenza può riguardare la sua condanna né le pene accessorie a questa connesse. Sia perché il Cavaliere non sarà soggetto a reclusione carceraria sia perché, come ha ben ricordato il ministro Anna Maria Cancellieri, i reati finanziari sono in genere esclusi dai provvedimenti di clemenza.
Un sistema penitenziario quasi al collasso come quello italiano è ben lontano dalla funzione rieducativa della pena sancita dalla Costituzione, ma produce quotidianamente danni materiali e morali sia per i detenuti sia per il personale che in quei luoghi lavora. Rispetto a questo è necessario adoperarsi in tempi rapidi per azioni di clemenza. Che tuttavia, da sole, non sono una risposta sufficiente al problema, e vanno accompagnate da misure di carattere più strutturale, a partire da una maggiore previsione di pene alternative al carcere. Misure che attengono a una riforma complessiva della giustizia, ma che possono essere messe in campo senza aspettare i tempi biblici di una definizione condivisa del quadro.
A queste deve aggiungersi il “piano carceri”, che non dovrebbe consistere solo nella costruzione di nuovi luoghi di detenzione ma anche nell’ammodernamento e nel miglioramento degli esistenti. E infine una revisione profonda di alcuni reati, figli di leggi assurde che riempiono ingiustamente le carceri italiane.
Sergio Cofferati, 19 ottobre 2013