I referendum, la giustizia giusta e la politica assente

Autore: Gianluca Santilli
Si, l’altro ieri ho firmato 11 referendum proposti dai Radicali.
Il 12°, quello sul finanziamento pubblico ai partiti, no. Non l’ho firmato.
Mi perplime l’idea di partiti diretti da finanziatori privati. La democrazia ha un costo e non conviene tagliarla.
Ma ho firmato gli altri 11. In particolare quelli sulla Giustizia Giusta come li ha chiamati il Comitato Referendario (responsabilità civile dei magistrati, magistrati fuori ruolo che hanno hanno più incarichi, limiti alla custodia cautelare, ergastolo e, soprattutto, la separazione delle carriere fra inquirenti e giudicanti).
Ho firmato anche per il Divorzio Breve (faccio parte della Lega Italiana per il Divorzio Breve da 3 anni), per la libertà di scelta nella destinazione dell’otto per mille ed anche per l’abrogazione delle norme che ostacolano il lavoro e il soggiorno regolare degli immigrati, così come ho firmato per l’abolizione dell’ergastolo (tanto in Italia non lo fa più nessuno) e per evitare il carcere a chi detiene modiche quantità di stupefacenti.
A ben guardare quasi tutti i referendum toccano materie giudiziarie e soprattutto sono largamente condivisi dalla stragrande maggioranza della popolazione, dal Codacons, dall’Associazione per la tutela dei diritti del malato e da molteplici associazioni.
E la domanda sorge spontanea: se sono così largamente condivisi, perchè dobbiamo usare lo strumento referendario?
Semplice, perchè la politica non c’è più.
Abbiamo un governo d’emergenza che non solo non fa nulla di per l’emergenza ma non fa nemmeno l’ordinario. Si balocca fra IMU, ICI, IVA da 3 mesi senza riuscire a prendere una decisione, gioca con gli esuli kazaki collezionando figure talmente barbine che si sarebbe dimesso anche il portiere del mio palazzo, giocano a dividersi le poltrone autoreferenziandosi come i “salvatori del Paese”. Il Parlamento gioca a sostenere il governo a fasi alterne bloccato dalle vicende giudiziarie di Berlusconi (non ce ne libereremo mai…) ed i partiti si divertono chi a cambiare le loro regole interne riempiendo le pagine di giornali di ameni racconti di giornate passate a decidere chi deve fare che cosa e chi a rifondare nuovi partiti evocando spettri del passato.
Ed ecco che si viene inevitabilmente attratti da quel traballante banchetto pieno di cancellieri e volontari che chiedono di firmare delle cose. Politica, occuparsi della gente, occuparsi di questioni vicine a noi, dell’immigrato che abita nel tuo palazzo e non riesce a districarsi fra la burocrazia del permesso di soggiorno, dell’amico che ti chiede aiuto perchè la scorsa notte è stato arrestato il figlio dicottenne che deteneva una folle quantità di hashish quasi invisibile ad occhio nudo, del tuo modello 730 ove se ti dimentichi di indirizzare il tuo 8 per mille finisci per donarlo a santa romana chiesa senza che nemmeno lo sappia…
Insomma, attraverso quello strumento, sapientemente maneggiato dai Radicali, si torna a pensare che forse qualcosa possiamo fare con la nostra firma.
Per questo e per mille altri motivi ho firmato e per questo mi piacerebbe assai che il mio partito, il PD, prendesse una posizione netta a favore di quei quesiti, 11 o 12 che siano.